Ma l’incentivo all’esodo spetta in percentuale al coniuge divorziato che non sia passato a nuove nozze e che sia titolare di assegno divorzile?

Vediamolo insieme.

Secondo le Sezioni Unite della Cassazione Civile, sentenza 7/3/2024 n. 6229, non spetta.

Ai sensi dell’art. 12 bis della legge 898 del 1970 sul divorzio, il coniuge, nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno di divorzio, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza. Tale percentuale, precisa l’articolo di legge, è pari al quaranta per cento dell’indennità totale riferibile agli anni in cui in rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

Ma il cosiddetto incentivo all’esodo – e cioè quella prestazione cui, in base ad un accordo fra lavoratore e datore di lavoro, è tenuto il datore di lavoro a fronte della disponibilità manifestata dal lavoratore di addivenire allo scioglimento anticipato del rapporto di lavoro – è come l’indennità di fine rapporto e perciò spetta al coniuge del lavoratore ai sensi dell’art. 12 bis menzionato?

No, secondo le Sezioni Unite, appunto, non spetta, causa la sua natura diversa rispetto al Tfr, che invece spetta.

Allo stesso modo, non spettano al coniuge in percentuale neanche l’indennità da mancato preavviso, l’indennità percepita a titolo di risarcimento del danno per illegittimo licenziamento; mentre spettano, ad esempio, le indennità di fine rapporto dei rapporti di lavoro parasubordinati.

Avv. Monica Bombelli

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